L’atavico malinteso circa il fatto che la riproduzione meccanica di un’immagine sia una fedele riproduzione del reale (intendendo con ciò l’assenza di un intervento diretto della mano umana), deve confrontarsi oggi con il progresso della tecnologia in grado di generare immagini dall’apparenza più che realistica, create però digitalmente. È il caso dei rendering che mostrano l’aspetto definitivo delle operazioni di riassetto urbano, esposti in prossimità dei cantieri per mostrare l’esito finale e, forse, tentare di lenire con la prospettiva della realizzazione futura i disagi provocati dai lavori. Sono rappresentazioni che, travalicando il senso del tempo con il loro aspetto così fotografico, si propongono come l’analogon dell’immagine progettuale nella mente dell’architetto, che è necessariamente priva di propria una forma fisica La fotografia al contrario, come ci insegna Barthes, per esistere necessita che qualcosa sia stato davanti alla fotocamera in un dato momento. Nonostante le differenze sostanziali a livello generativo, sul piano formale entrambe le tipologie d’immagine hanno una forte verosimiglianza con il reale. I rendering infatti, dovendo fornire nel presente una proiezione credibile del futuro, si conformano in un processo imitativo alla fotografia. Questa invece nel momento stesso della sua acquisizione sta già parlando del passato. Il punto di incontro temporale è quindi possibile solo nel presente dello spettatore, la cui percezione può però essere messa in crisi nel momento in cui, invertendo le parti la fotografia inizia a imitare nella forma i rendering. Se l’idea si traduce in un progetto espositivo in cui la fotografia, oltre a proporsi con la forma dei rendering, li riproduce per uniformare il medium di presentazione, ecco che, in occhi poco avvezzi alla discriminazione sullo strumento, si crea un corto circuito cognitivo: quali sono le fotografie e quali i rendering? Quali sono le immagini del passato reale e quali quelle della realtà futura?
Sandro Iovine
Profilo autore
È nato nel 1956 a Parma, dove risiede. Dopo una ventennale frequentazione della fotografia in bianconero, a partire dal 2005 ha iniziato a indagare e documentare l’antropizzazione del territorio con particolare attenzione alle architetture e al paesaggio. Molti suoi lavori hanno ottenuto riconoscimenti dal Comune di Parma, dall’Ordine degli Architetti di Parma e dalla stampa. Ha realizzato diverse mostre, personali e collettive, e suoi lavori sono stati selezionati nell’ambito di Parma Capitale della Cultura 2020. È presidente di Casa della fotografia di Parma e Provincia, associazione culturale che promuove la diffusione della fotografia.
riferimenti
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Selezione di immagini dalla mostra