“Risvegli”, è un racconto di una salvezza conquistata con dolore e fatica. Sono entrato nella terapia intensiva e nel reparto di infettivologia dell'ospedale Santo Spirito di Pescara quando l'Italia stava affrontando il primo lockdown dovuto all'emergenza Covid-19. Erano i giorni delle foto delle bare, dei funerali senza persone, di un intero Paese piegato in ginocchio. Proprio per questo, aleggiava una sorta di pudore nel raccontare le storie di chi invece ce l'ha fatta a superare la malattia. Quando ho iniziato il progetto, più di 30.000 italiani erano morti a causa del COVID-19 - il più alto numero di morti nell'Unione Europea - ma oltre 100.000 persone erano guarite. In quel momento storico, un messaggio positivo poteva essere utile e potente. Così ho deciso di raccontare i sopravvissuti, chi è uscito dall’ospedale, chi ha avuto una possibilità di salvezza dopo essersi ritrovato a un passo dalla morte. Il lavoro racconta la storia dei pazienti dell'Unità di Terapia Intensiva dell'Ospedale S. Spirito di Pescara, la mia città. La maggior parte di loro soffriva di sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), che fa raddoppiare la frequenza respiratoria di una persona quando il livello di ossigeno (O2) nel sangue diminuisce. Spesso, l'unica soluzione è l'intubazione, a volte per settimane, per far riposare i polmoni. Il ritorno a casa, in quella situazione, non è più scontato. Nonostante l’ospedale di Pescara non avesse i numeri di ricoveri per Covid-19 propri di altri luoghi ben più sotto i riflettori, ho avuto la netta percezione che gli abbracci e il ritorno alla vita fossero più o meno gli stessi in ogni paese, in ogni famiglia, e che queste storie locali potessero effettivamente parlare per tutti, diventare universali. L'entusiasmo della gente di Montesilvano scesa in strada a festeggiare il ritorno di Marzia Merlin, la gioia incontenibile delle tre figlie di D'Agostino e della famiglia di Melchiorre sono il motore che mi ha spinto a voler essere spettatore del ritorno alla vita.
Profilo autore
Stefano Schirato nasce a Bologna nel 1974, dove si laurea in Scienze Politiche. Lavora come fotografo freelance con un attento interesse sui temi sociali da più di 15 anni. Collabora con diverse riviste, associazioni e ONG quali Emergency, Caritas Internationalis, ICMC, con le quali ha partecipato a progetti sui diritti umani, crisi dei rifugiati e immigrazione clandestina. Il suo lavoro è stato pubblicato dal New York Times, CNN, Newsweek Japan, Vanity Fair, Al Jazeera, Le Figaro, Geo International, Burnmagazine, National Geographic. Ha diversi progetti in corso in Europa dell’Est e in Africa sulla crisi dei rifugiati e negli ultimi 4 anni ha portato avanti un progetto sull'inquinamento e la corruzione nel sud Italia. Dal 2014 è docente di fotogiornalismo a Pescara, città in cui vive, per la scuola Mood Photography, di cui è socio fondatore. E’ docente Leica Akademie Italia e insegna fotografia all’Università ISIA (Istituto Superiore per le Industrie Artistiche) di Pescara.
riferimenti
sito web / www.stefanoschirato.it
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Selezione di immagini dalla mostra